Narrano le antiche cronache che la nobilissima comunità di Venzone, dopo d’aver munito il paese di superbe difese, d’averlo abbellito di maestosi palazzi e del suo splendido Duomo, quando volle portare a termine il campanile si trovò sprovvista del denaro necessario.
Da alcune settimane i lavori si erano dovuti interrompere e i passanti cominciavano a lanciare qualche frizzo che pungeva l’onorabilità dell’autorità e della cittadina.
Il consiglio, allora radunato d’urgenza, decretò provvedimenti straordinari: i pedaggi sulle merci vennero raddoppiati, tutti i forestieri transitanti per Venzone vi dovevano lasciare un’offerta, si dovevano prestare giornate di lavoro gratuito … e così, pur tra qualche malumore e qualche lite, si riuscì a ultimare anche la guglia del Duomo che fu ricoperta tutta di rame.
Mancava ancora qualcosa e per questo fu chiamato un maestro di Udine che coronò la bella opera con una splendida palla dorata sormontata da una croce. Restò male l’artista quando si presentò al Consiglio per ricevere la ricompensa del suo lavoro: gli venne detto che il consiglio era in strettezze e che pure lui doveva contribuire allo sfarzo del Comune di Venzone con qualche giornata di lavoro gratuito … insomma il Consiglio per sua bontà gli concedeva soltanto un terzo della somma pattuita.
Non disse nulla il brav’uomo, si mostrò soddisfatto e ringraziò, ma in cuor suo giurò di ripagarsi dello scorno subito … aveva visto certe corde, certe inferriate, quella tal berlina di cui facevan largo uso quei signori, non poteva accettare un simile torto.
Nel cuor della notte salì sull’impalcatura del campanile, che non era stata tolta, e sostituì la bella palla d’oro lucente con una fresca zucca così ben dipinta che nessuno si sarebbe accorto della sostituzione.
Il giorno dopo l’artista udinese tolse l’impalcatura, salutò il Consiglio e se ne partì in fretta mentre i venzonesi suonando a distesa le loro campane si preparavano a solenni festeggiamenti d’inaugurazione.
Dopo qualche tempo si accorsero di qualcosa di strano lassù sopra la guglia del campanile: la palla mutava colore e forma … i venzonesi facevano le più impensate supposizioni, ma quale non fu la loro meraviglia quando un giorno videro cadere giù la palla in certi pezzi gialli simili ai resti di una focaccia spappolata.
Non vi saprei poi descrivere il loro sdegno quando si accorsero di esser stati così clamorosamente giocati.
I camerari del Duomo diedero subito ordine che i resti fossero tolti e che lo scandalo non si propagasse, ma caso volle che proprio quel giorno fossero passati alcuni “Carnielli” che ben volentieri divulgarono la beffa ai quattro venti e fu così che i venzonesi fino ai nostri giorni venissero chiamati i “Cogoçârs”.